Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/158

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— È tornata in cielo, — rispose il capo.

— Disgrazia! Disgrazia! — si misero ad urlare le donne.

— Ma portiamo con noi qualche cosa d’altro, — disse il capo.

— Un altro figlio della luna?

— No: due maledetti cristianos che hanno ucciso alcuni dei nostri più coraggiosi compagni.

Una esplosione di furore si manifestò fra i patagoni del campo.

— A morte i cristianos! — vociarono tutti, alzando le lance e facendo volteggiare i bolas.

— Sì, a morte, — dissero i cavalieri.

— Subito! Subito!

— All’alba, — disse il capo. — Largo ai cristianos!

Due cavalli vennero spinti in mezzo all’accampamento. In groppa, solidamente legati e semi-coricati, portavano un uomo ed un ragazzo, che pareva non dessero più segno di vita.

Alcuni guerrieri li sbarazzarono dei legami e li gettarono bruscamente a terra, senza badare se quei disgraziati prigionieri in quella ruvida caduta si rompevano le membra.

Il più anziano, che era il nostro mastro Diego, il quale, dopo il potente pugno ricevuto dal patagone che lo aveva fatto prigioniero, non era più tornato in sè, sentendosi buttare a terra, aprì gli occhi, esclamando:

— Per Bacco! Un po’ più di grazia, miei cari selvaggi! Volete rompermi anche le gambe, per soprammercato? Corpo d’un treponti sventrato! Ho dormito, o mi avevano mezzo accoppato?

Facendo uno sforzo si alzò sulle ginocchia, girando attorno uno sguardo sospettoso.

— Hein! — mormorò. — Mi pare d’essere in brutta compagnia. Toh! Anche delle donne, dei bambini... Corpo di un cannone smontato! Come finirà questa brutta avventura? E il mio povero Cardozo?

— È qui, — rispose il ragazzo, che a poco a poco si alzava.