Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/195

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— Figlio mio, io sono convinto che i nostri fedeli amici vegliano per la nostra liberazione.

— Ah! se ciò fosse! Come si potrebbe accertarci che non sono stati uccisi?

— Interrogando i Patagoni.

— Ma possono insospettirsi.

— Hai ragione, ragazzo mio; ma forse il signor Calderon, che è nell’intimità del capo, può saperci dire qualche cosa.

Spinse il cavallo verso quello del signor Calderon, che camminava a pochi passi da quello del capo patagone, e tirò il lungo mantello che avvolgeva l’agente del Governo.

— Una parola, signor Calderon, — disse il lupo di mare.

— Sia, — rispose lo stregone col suo solito accento secco.

— Vi prevengo che si tratta della nostra salvezza, che forse è molto vicina.

— Ne dubito per ora.

— Non importa, signor agente del Governo. — Ditemi, se lo potete: avete saputo nulla dei due gauchos che accompagnavano me e Cardozo e che erano stati inseguiti dai Tehuels?

— Mi si disse che uno era stato ucciso con un colpo di bola.

— E dell’altro? — chiese con viva ansietà il marinaio.

— Credo che sia sfuggito all’inseguimento, poichè al campo non si riportarono le sue spoglie.

— Allora siamo salvi!

L’agente del Governo lo guardò come si guarda un uomo che ha perduto la testa, e sorrise ironicamente.

— Vi ripeto che la libertà è vicina, — disse il mastro. — L’uomo che ha sparato il colpo di fucile è uno dei nostri gauchos.

— Non ardirà più ritornare.

— Tornerà, signor Calderon.

— Meglio per voi, — rispose l’agente, alzando le spalle e spronando il cavallo per raggiungere il capo.

— Non capirò mai codesto uomo, — brontolò il mastro, rivolgendosi a Cardozo. — Non importa: mi basta di sapere che uno dei nostri amici è ancora vivo e che ci segue.