Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/214

Da Wikisource.

— 208 —

Il grido della moribonda sentinella era stato però udito dagli accampati. In un baleno gli Argentini furono in piedi colle armi in pugno, e una violentissima scarica partì dall’alto dei forgoni, gettando a terra tre o quattro cavalli e altrettanti cavalieri.

I Patagoni, che credevano di piombare su degli uomini ancora addormentati e che non si aspettavano una vigorosa difesa, volsero le briglie e si dispersero per la prateria, gettando urla di furore e di dolore, salutati da una scarica di tromboni, che fece stramazzare altri due o tre cavalli. Lo stesso Hauka volse le spalle, cercando un rifugio in mezzo ai cespugli.

— Buono! — esclamò Cardozo, che si compiaceva di quel primo scacco.

— Pare che quegli Argentini abbiano del buon sangue nelle vene, — disse il mastro. — Là, là, miei cari, accarezzate per bene le spalle di questi pagani.

— Devo far fuoco?

— Io farei fuoco sui Patagoni, Cardozo.

— Ma se vincono?

— E vinceranno, pur troppo.

— Lo credi?

— Sono molti per dieci o dodici uomini.

— E dunque, cosa facciamo?

— Gettati a terra, onde non ricevere qualche palla, e tira a casaccio, per aria, se puoi farlo senza che quel dannato Hauka se ne accorga. To’, senti! Calderon brucia la sua polvere.

— Tirerà contro gli Argentini quell’uomo.

— Bah! Polvere sprecata, poichè le palle non giungeranno. Orsù, facciamo un po’ di baccano anche noi prima che giunga Hauka.

Si coricarono in mezzo ai cactus, nascondendosi dietro ad una piega del terreno, e aprirono il fuoco, mandando le loro palle sopra i carri degli accampati, ma tanto alte, che non v’era alcun pericolo che colpissero.

Una violentissima scarica partì dalla parte degli argentini, tempestando i cactus per un largo giro.