Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/215

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— Ohè! Grandina terribilmente! — esclamò Cardozo, ridendo.

— Niente paura, figlio mio, — rispose Diego.

— Bum! bum!... Sono tromboni questi.

— E di quei grossi: sento i chiodi fischiarmi sopra la testa.

— Si caricano con chiodi quelle bocche da fuoco?

— E anche con sassi.

Un urlo feroce soffocò le parole del mastro. I Patagoni, dopo di essersi radunati in mezzo ai cespugli, tornavano alla carica, gettandosi furiosamente contro i forgoni. Cardozo ed il mastro, scaricate le carabine, balzarono in piedi per non perdere nulla di quello strano combattimento, che per loro era di un interesse grandissimo, trattandosi forse della loro liberazione.

Gli Argentini, che si tenevano trincerati dentro i forgoni, avevano subito risposto all’urlo di guerra dei Tehuels con una scarica generale dei loro tromboni e delle loro carabine; ma, quantunque parecchi cavalieri vuotassero sconciamente l’arcione, gli altri avevano continuato la corsa, incoraggiandosi con urla feroci. Giunti a cinquanta passi dal nemico, piegarono bruscamente a destra e si misero a galoppare furiosamente attorno ai forgoni in maniera da accerchiarli quasi completamente, e a lanciare con una precisione terribile le bolas. Quella nuova tattica parve sconcertare gli assaliti, poichè si videro abbandonare precipitosamente le loro posizioni e radunarsi in mezzo dei carri, onde non venire colpiti da quelle palle che piovevano fitte fitte, sfondando con un fracasso indiavolato le tavole e perfino le ruote.

Hauka, che galoppava in testa alla colonna, incoraggiando i suoi guerrieri colla voce e con l’esempio, tentò di caricare gli Argentini entrando in mezzo ai forgoni colla lancia in resta; ma una scarica di tromboni bastò per ributtare gli uomini che lo seguivano, i quali ripresero la sfrenata corsa circolare, raccogliendo con una agilità singolare le bolas gettate, per rimandarle ai nemici.

— La va male per quei poveri Argentini, — disse Diego,