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che seguiva attento le fasi del combattimento, scaricando di quando in quando la carabina, ma senza far male ad alcuno.
— Lo credi, marinajo? — chiese Cardozo.
— Fra dieci minuti Hauka li caricherà in mezzo ai forgoni, e nessuno di loro potrà sfuggire alle lance dei cavalieri.
— Se fossi sicuro del contrario, aprirei il fuoco contro questi briganti di prateria.
— Guardati bene dal farlo, se ti è cara la vita, figliuol mio.
— Eppure è duro lasciar macellare degli uomini bianchi da questi miserabili pagani.
— Il nostro aiuto non sarebbe di nessuna utilità, Cardozo. Se avesse potuto giovare, avrei mandato giù una palla all’amico Hauka.
— Toh! I Patagoni cambiano tattica.
— Si dividono per forzare da due parti la posizione degli Argentini. Se non si decidono a fuggire, nessuno di loro rimarrà vivo.
— E li lasceranno fuggire?
— Ai Patagoni preme il contenuto dei forgoni e non la pelle degli argentini. Ah!...
— Cosa vedi?
— Gli Argentini si decidono a battersela. Orsù, un po’ di baccano ancora, e poi andremo a cenare con un bel pezzo di carne fresca.
Il marinaio aveva detto il vero. Gli Argentini, che già si vedevano a mal partito per le perdite subìte e forse anche per la scarsità delle munizioni, approfittando del momento in cui i Tehuels si riorganizzavano su due colonne per rinnovare l’attacco a colpi di lancia, avevano improvvisamente abbandonato i forgoni, slanciandosi nella prateria. Erano sette, montati su eccellenti cavalli, e tenevano in pugno i loro tromboni.
I Patagoni, vedendosi sfuggire la loro preda, che del resto per loro, che miravano più che altro al saccheggio, era la meno importante, si slanciarono contro i fuggiaschi; ma questi, fatta una scarica generale, spronarono vivamente le loro cavalcature, che partirono ventre a terra verso l’ovest.