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172 emilio salgari


Mentre i suoi compagni obbedivano prese la bomba e la lasciò cadere in mezzo alle turbe selvagge. Il micidiale proiettile andò a scoppiare fra le prime orde di guerrieri, proprio dinanzi alla palizzate, facendo strage. E subito dopo cadde una seconda bomba, lanciando in aria parecchi negri.

Uno stupore immenso si manifestò tosto fra le bande dei predoni, stupore che si convertì in un terrore inesprimibile quando, alla luce dell’incendio, videro librarsi il treno volante.

Un urlo di spavento echeggiò fra le genti di Nurambo. Quel mostruoso uccello che si librava sopra le loro teste e che vomitava quei tremendi ordigni di distruzione, era più che sufficiente per atterrire quei negri superstiziosi.

In un baleno, una confusione indescrivibile si manifestò fra le orde. Tutti quei negri si rovesciavano gli uni addosso agli altri, fuggendo disperatamente e urlando.

Si calpestavano, si urtavano, gettavano le armi e si coprivano gli occhi con le mani.

Gli arabi avevano pure veduto il treno aereo e non avevano provato meno terrore. Fuggivano anche loro da tutte le parti, rifugiandosi nelle capanne rimaste illese dalle fiamme, quantunque avessero ben veduto che le bombe erano scoppiate fra le file dei loro nemici.

Ottone, facendo funzionare le eliche contro vento, aveva mantenuto il Germania sopra la città, spingendolo verso la parte meridionale, per sottrarla all’intenso calore che saliva dai quartieri incendiati.

— Sono fuggiti tutti! — esclamò Matteo.

— Gli arabi ricompariranno — disse El-Kabir. — È impossibile che fra di loro non vi sia qualcuno che conosca i palloni. Vanno di frequente a Zanzibar e devono averne veduto qualcuno.

— Il nostro treno aereo ha però una forma molto diversa dagli altri — disse Ottone. — L’avranno scambiato per qualche mostro.

— Scendereste volentieri? — chiese El-Kabir.