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il treno volante 171


— Lasciate fare a me.

Aprì una cassetta cerchiata di ferro, e levò una sfera del peso di quattro chilogrammi.

— Una bomba? — chiese Matteo.

— Piena di cotone fulminante — rispose il tedesco. — Farà strage fra i negri di Nurambo, e ne ho altre cinque.

— E le lancerai?...

— In mezzo ai selvaggi di quel monarca sanguinario. Aspettiamo di essere giunti sopra di loro e vedrai l’effetto.

Il Germania non era che a mezzo miglio dalla città araba.

El-Kabir non si era ingannato. Mongo era stata assalita da legioni di negri ed in parte già incendiata.

I guerrieri di Nurambo, non ostante il fuoco incessante degli arabi, avevano inondata la città e stavano abbattendo le palizzate e bruciando le zeribe che si trovavano intorno.

Lo spettacolo era terribile. In mezzo al fumo e alle fiamme si vedevano fuggire disperatamente immense mandre di buoi resi furiosi e si vedevano gli arabi difendersi con tenacia, contrastando il terreno, palmo a palmo, agli asseditori.

Fra i sibili delle fiamme, i crepitìi del legname ed il cupo diroccare delle palizzate, si udivano urla feroci seguite da scariche di moschetteria.

I guerrieri di Nurambo si erano già resi padroni della parte orientale della città ed avevano cominciato il combattimento nelle vie, tutto incendiando sul loro passaggio. Un nauseante odore di carne abbruciata si alzava nell’aria.

— Che spettacolo spaventevole! — esclamò Matteo.

— E che calore emana da quella fornace! — aggiunse l’arabo guardando Ottone. — Non corrono pericolo i nostri palloni?

— Le scintille non giungono fino a noi — rispose il tedesco.

Erano allora giunti sopra la città e precisamente verso la parte occupata dai guerrieri di Nurambo. Nè questi, nè gli arabi si erano accorti della presenza del treno aereo.

— Voialtri scaricate le vostre armi per richiamare su di noi l’attenzione dei combattenti — disse Ottone.