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202 emilio salgari


Il corpo morto del rettile calò fra i cespugli e il Germania rimase immobile dondolandosi leggermente.

La scala fu subito gettata e Ottone e Matteo discesero con precauzione, aggrappandosi subito ai rami, onde il treno non risalisse portando via anche il coccodrillo.

Legarono solidamente l’estremità della scala al tronco d’un albero; poi con una scure spaccarono la mascella del sauriano liberando l’àncora ed impigliandola fra i rami d’una pianta.

Rassicurati contro la fuga del treno aereo, invitarono l’arabo ed il negro a scendere.

— Mi pare che il luogo sia propizio per rinvigorire i nostri palloni — disse Ottone. — L’isoletta mi sembra disabitata.

— Bisognerà farlo scendere fino a terra? — chiese Matteo.

— Certo.

— E come faremo?

— Vi sono molti macigni qui. Li porteremo nella piattaforma e la caricheremo tanto da costringere il Germania ad abbassarsi.

— Cominciamo subito l’operazione — disse El-Kabir. — Non è prudente fermarci troppo qui, tanto più che non sappiamo se l’isola sia proprio deserta.

— È quello che volevo proporti. L’operazione non sarà d’altronde lunga.

Si misero tosto al lavoro rimontando la scala con dei grossi macigni destinati a sostituire non solo il loro peso, ma anche quello del coccodrillo.

Mezz’ora dopo il Germania scendeva lentamente. Ad ogni macigno che veniva scaricato nella piattaforma, il dirigibile si abbassava da tre a quattro metri.

A mezzodì la piattaforma toccava il suolo, schiacciando col suo peso i cespugli che si trovavano sotto di essa.

Ottone fece gettare dentro alcuni quintali di massi che dovevano più tardi servire di zavorra, poi, aiutato dai compagni, staccò la tela che avvolgeva lo scheletro del treno, mettendo in vista i palloni.

Fu subito constatato che tre si erano completamente sgonfiati.