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il treno volante 211

saremo — disse il tedesco. — Ho calcolato esattamente la distanza.

— Tieni conto delle miglia che percorriamo?

— Sì, Matteo.

— Vedo un fiume — disse in quel momento Heggia.

— Dove?

— Taglia l’orizzonte verso l’ovest.

— Che fiume sarà? — chiese Matteo.

— Il Luvrea — disse El-Kabir. — Noi, signori, siamo giunti alle sorgenti del Congo.

— È qui che nasce quell’importantissimo fiume? — chiese Ottone con stupore.

— Sì, perchè esce dal lago Moero che si trova una trentina di miglia più al sud — rispose l’arabo. — Questo è il fiume che Livingstone si ostinava a scambiare col Nilo.

Ottone e Matteo s’erano curvati sul parapetto, guardando con vivo interesse quell’importante corso d’acqua che può riguardarsi come il vero Congo.

Era largo più di cinquanta metri e scorreva fra due rive tagliate quasi a picco, aprendosi faticosamente il passo fra un numero infinito d’isole e di banchi coperti da una folta vegetazione. Numerosi ippopotami sonnecchiavano sulle rive delle isole, mentre i loro piccini si trastullavano inseguendosi, avvoltolandosi nell’acqua e muggendo come vitelli.

Trovandosi il Germania a soli cinquanta metri, Ottone si provò a far fuoco sopra una grossa femmina che stava coricata sulla punta d’un isolotto.

La bestia, colpita dalla palla del bravo cacciatore, si levò tutta d’un colpo, mandando un muggito sonoro, poi si scagliò in acqua dibattendosi ferocemente.

Girava su se stessa come fosse impazzita, cercando senza dubbio il suo feritore; poi calò a picco, nè fu più riveduta.

— Che l’abbia uccisa? — chiese Ottone.

— È probabile — rispose El-Kabir. — Perdeva sangue presso l’occhio e forse la vostra palla le ha offeso il cervello.