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il treno volante 241

che li nascondevano completamente. L’inglese e Ottone salirono su una di quelle rocce, guardando intorno.

Verso la galleria scorsero subito una grande massa di fuoco e accanto due arabi armati di fucile e di lance. Altre sentinelle non si vedevano in alcuna direzione.

In lontananza, illuminato dall’ultimo quarto di luna, si scorgeva il Germania librato a cinquanta metri dal suolo.

— Non comprendo come Altarik non l'abbia fatto abbassare fino al suolo — disse Ottone.

— Guardate attentamente: non vedete brillare un punto rosso sulla navicella?

— Sì — disse Ottone, con stupore.

— Ciò vuol dire che vi è qualcuno nella piattaforma.

— Che vi sia Heggia?

— Il vostro negro? — chiese l’inglese.

— Sì.

— Come può essere ancora libero?

— Avrà scorta a tempo la carovana d’Altarik e si sarà rifugiato sulla piattaforma.

— Gli uomini di Altarik sono armati di fucili e avrebbero potuto rovinare facilmente il mio treno aereo.

— Voi sapete che l’arabo tiene molto ad avere il pallone ed avrà proibito ai suoi uomini di guastarlo.

— Sono asioso di conoscere questo mistero. Se Heggia si trova ancora nella piattaforma noi siamo salvi.

— Partiamo — disse risolutamente l’inglese. — Quando avremo il pallone, verremo qui a caricare il tesoro.

Ridiscesero e si misero in cammino, seguiti da tutti gli altri.

Procedevano in silenzio, badando a non far rotolare pietre che potessero attirare l’attenzione dei due arabi.

Raggiunto il bosco, l’inglese si volse verso i negri dicendo loro:

— Voi rimarrete nascosti qui, e aspetterete il nostro ritorno. Se sarete leali, vi daremo poi delle armi e vi lasceremo liberi.

— Voi ci avete salvati dalla morte — disse il negro più an-