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Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/70

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68 emilio salgari


«Il leone non si era mosso. Solamente, al posto degli occhi, che non avevo ancora veduti, scorsi due punti luminosi fosforescenti che andavano ingrandendo.

«In quel momento io subivo un fascino; il mio sguardo si smarriva.

«Fu un lampo. Il sentimento della mia situazione mi tornò lesto e feci un passo innanzi alzando il fucile.

«La criniera si scosse ed un fremito percorse il corpo della fiera mentre dalla gola gli usciva un sordo ruggito, l’ultimo suo avvertimento, l’ultima sua minaccia.

«Feci macchinalmente atto di mirare. Il leone si alzò di colpo movendo verso di me.

«Non ero alla mia prima caccia, e di leoni ne avevo uccisi; eppure, in quel momento, mi sentii mancare il coraggio.

«Il leone si era arrestato a sei o sette metri da me, rannicchiandosi su se stesso come se si preparasse a prendere lo slancio.

«La sua criniera era diventata irta, gli occhi rossi brillavano come ferri roventi in quella semioscurità ed i suoi denti scricchiolavano.

«Istintivamente indietreggiai per aver maggior spazio e per avere aiuto nel caso che fossi atterrato.

«Il leone mi seguì, ruggendo orrendamente e minacciandomi con gli artigli.

«Presi una risoluzione disperata. Scaricai il mio fucile, poi approfittando della nuvola di fumo che mi copriva, fuggii all’aperto gridando ai miei uomini: — Guardatevi!...

«Udii un ruggito acutissimo che mi fece gelare il sangue nelle vene, seguito nello stesso tempo da un grido umano. Il leone si era scagliato addosso a Heggia, il quale, non avendo avuto il tempo di ritirarsi, era stato atterrato.

«Il mio negro era valoroso. Vedendo sopra di sè il leone, aveva abbandonato il fucile che non gli poteva più servire nella posizione in cui si trovava, ed aveva impugnato il coltello.

«I miei due ascari erano fuggiti dopo aver scaricate le loro armi, senza aver colpito nel segno. Io ero rimasto solo.