Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/94

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VIII.

Momento critico

Mentre cavalcavano verso il gigantesco sicomoro, presso il quale si trovavano i cavalieri lasciati da Ben-Zuf a guardia del treno volante, Matteo si era portato a fianco del tedesco, interrogandolo con lo sguardo.

— Ti comprendo — rispose Ottone in tedesco, onde non farsi comprendere dal sultano che gli cavalcava dinanzi. — Ho preparato un bel tiro che ci sbarazzerà di questa mignatta.

— Lo vuoi portare con noi sul Germania?

— Non possiamo fare diversamente.

— E poi?

— Vedrai cosa succederà dopo, mio caro Matteo. Ci divertiremo.

Il sultano, di mano in mano che si avvicinava al treno aereo, mandava crescenti esclamazioni di stupore. Non sapeva capacitarsi come non fosse veramente un uccello e si ostinava a cercare il rostro, le zampe e le ali che non v’erano affatto.

— Ah, questi bianchi! — esclamava, con sincera ammirazione. — Sono dei grandi maghi! Anche gli uccelli sanno fabbricare oltre le armi e le grandi case galleggianti che fumano. E obbedirà docilmente quella bestia?

— Come vi obbedisce il cavallo che montate — rispondeva il tedesco.

— Meraviglioso, incredibile!... Andremo molto in alto?

— Anche fino alla luna, se vorrete.

— Allora una sera andremo a rubarla al cielo e la porteremo nel villaggio. Ci servirà da lanterna.

— Sì, andremo a rubarla — disse il greco, il quale stentava assai a trattenere le risa.