Pagina:Salgari - L'Uomo di fuoco.djvu/102

Da Wikisource.
96 Capitolo Nono.

che da mangiatori di carne umana anche da belve non meno sanguinarie dei selvaggi, non si sarebbe certamente mantenuto tranquillo.

Con una mano stretta alla liana e coll’altra armata dell’archibugio, Garcia ascoltava attentamente cercando di spiegarsi le cause di quei rumori.

Ad un tratto udì dei grugniti, poi uno scricchiolare di rami.

— Che vi siano dei cinghiali qui? — si domandò, cominciando a tranquillizzarsi. — E perchè no? Ve ne sono anche da noi e mi hanno anche detto che valgono quanto i maiali.

Che bella sorpresa pel signor di Correa se gliene portassi uno! —

Un po’ rassicurato, si nascose dietro il tronco dell’albero, tenendo il dito sul grilletto dell’archibugio.

La sua attesa non fu lunga. I folti cespugli si erano aperti per lasciare il passo ad un animale che rassomigliava e che aveva anche la statura d’un cinghiale.

Se Garcia avesse avuto qualche conoscenza sugli animali che infestavano le immense foreste del Brasile, si sarebbe ben guardato dall’affrontare quel cinghiale.

Era un pecari tajasou, un porco selvatico, dei più pericolosi e che non teme di assalire l’uomo anche se non viene importunato.

Questi animali che in quell’epoca erano numerosissimi e che ora s’incontrano solamente nelle selve dell’interno, non vanno mai soli. Emigrano a branchi che sovente si compongono di cinquanta e perfino di cento capi, e guai a chi osa assalirli o anche semplicemente attraversare loro la via.

Piombano sull’imprudente con furore indescrivibile e servendosi delle loro unghie e solidissime zanne in un momento lo fanno a pezzi.

Garcia che credeva di aver dinanzi un semplice cinghiale e che voleva assicurarsi una succolenta cena, senza sacrificare la testuggine, che poteva costituire una preziosa riserva, non esitò più.

Puntò l’archibugio e fece fuoco sul pecari che si era arrestato a quindici passi, per dissotterrare una radice.

L’animale, attraversato da parte a parte dal proiettile, stramazzò in mezzo ai cespugli mandando un urlo acutissimo che si ripercosse lungamente sotto le folte vôlte di verzura.

Il mozzo, felice di quel successo, stava per slanciarsi onde finirlo a colpi di scure, quando udì un fracasso indiavolato. I rami