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156 Capitolo Sedicesimo.

— Ecco il momento buono, — disse il marinaio.

Imboccò la gravatana entro la quale aveva già cacciata una freccia avvelenata col vulrali, mirò per qualche istante, poi soffiò con forza.

Il sottile e terribile cannello partì senza rumore e andò a piantarsi in una delle zampe deretane del tamanduà e così delicatamente che il ghiottone, completamente assorto nel riempirsi il ventre, non si accorse nemmeno di essere stato colpito.

Non erano però trascorsi cinque secondi, tanto è rapida l’azione prodotta da quel potente veleno, quando lo si vide alzare bruscamente la testa e tremare in tutte le parti del corpo.

Spazzò due o tre volte il suolo colla coda, poi cadde fulminato in mezzo ai battaglioni delle termiti.

— Occupatevi del tamanduà e fuggite subito se non volete provare i morsi delle formiche, — disse il marinaio.

Balzò rapidamente innanzi, tenendo in una mano un pezzo di foglia secca di palma che poteva servire da spatola e nell’altra il sacco di pelle e saltò in mezzo alle termiti.

Con pochi colpi ne raccolse parecchie dozzine che rinchiuse subito nel sacco poi fuggì a tutte gambe seguìto da Alvaro che si era gettato in ispalla il tamanduà.

— All’accampamento e presto, — disse il marinaio. — Le tanajura possono prendersela con noi e seguirci. —

Si slanciarono a corsa sfrenata attraverso la foresta e un quarto d’ora più tardi giungevano all’accampamento.

— Le gallette? — chiese Alvaro, vedendo il mozzo affaccendato dinanzi al fuoco.

— Vanno a meraviglia, signore, — rispose Garcia che sudava. — Sono diventato un panettiere di prima forza, ve l’assicuro. Ne ho già preparate una quindicina.

— E gli Eimuri? — chiese Diaz.

— Non ho veduto nessuno apparire sulla riva opposta.

— Allora prepariamoci il pranzo. Ah! E la pentola? Mi ero dimenticato che quella che avevo si è rotta. Bah! La surrogheranno con altra cosa.

Signor Viana, scuoiate il tamanduà finchè vado a cercarne una. Prenderò due piccioni ad una fava.

— Che uomo meraviglioso! — esclamò Alvaro, guardandolo mentre si dirigeva verso il fiume. — Ha fatto una bella scuola