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Una sorpresa di selvaggi. 157

sotto i selvaggi! I selvaggi! Eh! Ne sanno più di noi e possiamo, per ora, chiamarli maestri... degli europei. —

Aveva terminato il scuoiare il tamanduà che era coperto da un vero strato di grasso come un piccolo maiale od un orsacchiotto ben pasciuto, quando vide il marinaio tornare portando fra le braccia una testuggine lunga quasi mezzo metro, col guscio color brunastro, chiazzato di macchie rossastre ed irregolari, composto di tredici lamine poste superiormente.

— Ma dunque non finirete più di arricchire la nostra dispensa? — chiese Alvaro.

— Oh! L’avrei lasciata andare se avessi avuto una pentola che potesse servire per la nostra frittura, — rispose il marinaio. — L’avevo adocchiata quando noi spiavamo, sulle rive del fiume, le mosse del tamanduà.

— E come potrà servirvi da pentola?

— Il guscio surrogherà quella che mi manca. All’opera, cuochi! Nemmeno gli imperatori romani avranno mangiato così bene. Me lo direte poi. —

Mentre Garcia continuava a cuocere gallette di mandioca e Alvaro si occupava dell’arrosto, sorvegliando una superba coscia del tamanduà che arrosolava lentamente, il marinaio aveva spaccata, dopo molti colpi formidabili, la testuggine.

Mise da una parte la carne della povera bestia che doveva offrire più tardi un altro arrosto gustosissimo, pulì il guscio superiore e lo mise sulla cenere calda gettandovi dentro dei grossi pezzi di grasso del tamanduà affinchè si sciogliessero.

Quella coppa che resiste anche alla fiamma per un certo tempo, serviva a meraviglia, senza bruciarsi.

Quando il marinaio vide che l’arrosto era quasi pronto e che il grasso si era già ben liquefatto, disse:

— Preparatevi per la frittura che formerà il primo piatto. Il tamanduà verrà poi. —

Aprì il sacco e lo vuotò nel guscio. Le povere termiti, che erano delle belle e grosse formiche, più lunghe d’un pollice, caddero nel grasso bollente, dibattendosi per qualche istante disperatamente.

Un profumo squisito, come di pesce fritto, si sparse per l’aria.

Quando il marinaio le giudicò ben cotte, le ritirò servendosi d’una spatola di legno che aveva lì per lì fabbricata e le depose su una bella e profumata foglia di palma.