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L’assalto degli antropofagi. 25

Alvaro osservò da quella parte e scorse, non senza una profonda ansietà, alcune lunghe piroghe che stavano per lasciare la foce d’uno dei cinque fiumi.

Erano quattro, scavate in giganteschi tronchi d’alberi, lunghe una trentina di piedi e larghe non meno di quattro, colle prore assai rialzate che raffiguravano rozzamente delle mostruose teste di caimano e montate ognuna da una diecina di canottieri quasi interamente nudi.

Quantunque anche su quella costa le onde si rompessero con estrema violenza, le piroghe erano riuscite ad entrare nelle acque della baia e stavano radendo le scogliere coll’evidente intenzione di approdare là dove si trovavano radunati i mangiatori di carne umana.

– Mio caro Garcia, – disse Alvaro, – la va male per noi. Quelle scialuppe serviranno ai selvaggi per fare una visita alla nostra caravella. Non ne hanno avuto abbastanza dei marinai che hanno divorati e contano di regalarsi un altro banchetto colle nostre carni.

– E noi? – chiese il mozzo.

– Porteremo in coperta un paio di barilotti di polvere e vi metteremo due buone micce – rispose il giovane freddamente.

– E salteremo?

– Assieme a quei bricconi, se non riusciremo a respingerli.

– Ah! Signore!

– Se preferisci la graticola, io non mi opporrò. Io ci tengo meglio alla morte dei soldati. Tuttavia penso che noi potremo risparmiare le nostre pelli... oh, sì! Una buona mina sotto il castello di prora, potrebbe dare uno splendido risultato. –

Misurò collo sguardo la lunghezza della caravella.

– Diciotto metri su per giù – disse poi, come parlando fra sè. – Potrà bastare questa distanza.

Tutt’al più verremo scaraventati in mare.

Dove sono i barili?

– Nella cabina del pilota. Ma che cosa volete fare signore?

– Che ci siano delle micce a bordo? – chiese invece Alvaro.

– Un gherlino ben incatramato può sostituirle.

– Sei intelligente, ragazzo mio – disse il giovane sorridendo.

Scese nel quadro e s’introdusse nella cabina del pilota, un