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Nelle foreste brasiliane. 51

Nondimeno non osavano scoccare le loro frecce. Volgevano la punta ora in alto ed ora in basso come se fossero indecisi sul punto da colpire.

Ad un tratto, presi forse da un superstizioso terrore o spaventati dal luccichìo delle canne dei moschetti, volsero improvvisamente le spalle fuggendo con tale velocità che un cavallo non avrebbe potuto facilmente raggiungerli.

— Stavo per far fuoco, — disse Alvaro. — È meglio che se ne siano andati.

— Fuggiamo signore, — disse il mozzo. — Possono tornare in maggior numero.

— Mi arrendo alle tue ragioni, Garcia. Alziamo i tacchi e cerchiamo un nascondiglio in questa foresta. —

Volsero le spalle alla spiaggia e si misero a correre, cacciandosi sempre più nella boscaglia la quale diventava di momento in momento più fitta.

CAPITOLO V.

Nelle foreste brasiliane.


La loro corsa non durò più di un quarto d’ora, poichè ben presto si videro costretti a rallentarla in causa delle innumerevoli difficoltà che presentava quella foresta, diventata da un momento all’altro un vero caos di cespugli, di tronchi, di liane e di radici smisurate.

Era la vera foresta vergine, che in quell’epoca copriva la maggior parte del Brasile, stendendosi quasi senza interruzione fra le rive dell’Atlantico e la gigantesca catena delle Cordigliere.

Graziose bactris, superbe massimiliane regie, gigantesche palme maurizie dalle larghe foglie disposte a ventaglio, le foltissime curgia che s’incurvano verso terra e che sono quasi prive di fusto e spinosi javary s’intrecciavano in tutti i sensi colle passiflore maraniga, colle liane sipos color giallastro che formano delle sottilissime reti entro le quali gli stessi indiani si trovano imbarazzati a uscirne e alle carica papaia, specie di piante da zucche che producono certi cucurbitacei grossissimi quantunque di sapore poco delicato.

Alvaro ed il mozzo, imbarazzatissimi, si erano arrestati, cercando il modo di forzare quella vera parete di verzura, che pareva non offrisse passaggi.