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222 | la città dell'oro |
piccola imbarcazione, fra tutte quelle isole e quegli isolotti boscosi che si stendevano dinanzi alla foce per un grande tratto.
— Che si siano nascosti dietro a qualche isola? — chiese Alonzo a don Raffaele.
— Tanto meglio, — rispose questi. — Rimasti dietro di noi, più nulla avremmo da temere.
— Quanta ostinazione in quegli uomini!
— Hanno interesse a mantenere celato il secolare segreto della Città dell’Oro.
— Ma cosa vorrebbero fare?
— Non li hai compresi? Avvertire i loro compatrioti sullo scopo del nostro viaggio e prepararli a respingerci.
— Allora bisogna lasciarli indietro. Mi stupisce però come ci abbiano preceduti mentre noi abbiamo le vele.
— Credi che anche loro non approfittino del vento? Se non hanno veramente delle vele, piantano a prua dei rami fitti o delle grandi foglie per raccogliere il vento e lavorano contemporaneamente coi remi. Tutti gl’indiani dell’Orenoco sono famosi ed instancabili battellieri e non si lasciano vincere da nessuno.
— Ma penso, cugino, che anche lasciando indietro quegli indiani, possono sorpassarci durante le nostre fermate notturne.