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L'agguato degl'indiani 243

Il passaggio non è difficile, ma può riuscire pericoloso in causa delle ondate che si rovesciano, col fragore di mille tuoni, fra tutte quelle nere scogliere e quei brani di terra.

Una fitta nebbia copre tutta la cascata, alzandosi in forma d’una cupola immensa, sui margini della quale si vedono degli arcobaleni splendidissimi che cangiano continuamente tinte e dimensioni.

Dopo di essersi accostati alle due rive per vedere se erano deserte, temendo un secondo agguato, i viaggiatori decisero di affrontare subito la cascata, essendo il sole prossimo al tramonto e non osando avventurarsi, di notte, fra quelle scogliere innumerevoli.

— Animo, — disse don Raffaele. — Dopo questa cascata non ne troveremo altre e continueremo il viaggio tranquillamente.

— Sei ben sicuro, cugino, che gl’indiani non ci abbiano preparato un nuovo agguato? — chiese Alonzo. — È bensì vero che nulla abbiamo veduto di sospetto sulle due sponde, ma io temo ancora una sorpresa.

— Se hanno teso delle altre funi, le taglieremo. Mano ai remi e avanti senza paura. Yaruri, al posto.

— Sono pronto, padrone, — rispose l’indiano.

La scialuppa s’impegnò tosto in un passaggio largo venti o venticinque metri, fiancheggiato da alte rupi