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L’imboscata dei Krepi 171

aveva detto che voi eravate accampati su questo territorio, affermando che solamente voi avreste potuto salvarci dai danni enormi prodotti dalla siccità prolungata ed io vi ho fatti prendere e condurre qui. Volete ritornare nei vostri paesi?... Dateci la pioggia o non lascerete più mai la terra dei Krepi. —


Capitolo XXIV

I fabbricatori di pioggia


Alfredo si era vivamente alzato in preda ad una inquietudine così viva, da strappare al portoghese una esclamazione di profondo stupore.

Il cacciatore aveva ormai compreso da chi era partito quel colpo che aveva lo scopo di immobilizzarlo nella regione dei Krepi, onde tardasse più che fosse possibile, la sua marcia verso le frontiere del Dahomey. Le ultime parole del capo erano state per lui una rivelazione fulminea, ma d’una gravità eccezionale, poichè si trattava della salvezza di tutti e soprattutto della perdita del piccolo Bruno.

— Antao! — esclamò, con voce strozzata. — Noi stiamo per perdere il frutto di tante fatiche e tutte le nostre speranze. Se non troviamo il mezzo di liberarci presto, alle frontiere del Dahomey troveremo le genti di Kalani.

— Di Kalani!... — esclamò il portoghese. — Che questi negri ci abbiano fatti prigionieri per ordine di lui?...

— Non mi hai compreso, Antao. Questi stupidi hanno obbedito, senza saperlo, ad uno dei nostri nemici, il quale ha sfruttato la loro ingenuità a nostro danno.

— Spiegati meglio, Alfredo.

— Sai chi era l’uomo che veniva dai lontani paesi del sole che tramonta e che ha dato ad intendere a questi negri che noi eravamo capaci di fabbricare la pioggia?...

— Non lo so.

— Era una delle spie, quella fuggita dal paese degli Ascianti.

— Morte di Urano!... — esclamò Antao, impallidendo. — Come può aver fatto a precederci?...