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Le stragi della «festa dei costumi» 219

— Un drappello d’amazzoni guidato da un corriere del re, che si avanza verso la capanna.

— Vengono a prenderci?

— Sì, Antao.

— E dovremo accettare l’invito!

— È necessario, Antao, — rispose Alfredo, con voce grave.

— E Kalani?...

— Spero che non ci riconoscerà.

— Lo troveremo presso Geletè?...

— Lo temo. Hai le pistole?

— Le ho nascoste sotto la giacca.

— Sii pronto a tutto: stiamo per giuocare una carta terribile.

— Morte di Nettuno!...

— Sii calmo, amico.

— Lo sarò, te lo prometto, Alfredo.

— Te lo domando pel mio Bruno, — disse il cacciatore, con voce commossa.

Il portoghese gli prese la destra e gliela strinse in silenzio.

In quel momento il corriere del re e le amazzoni erano giunti dinanzi alla capanna. Come Alfredo aveva previsto, venivano ad invitare i principi del Borgu, in nome del re, affinchè assistessero alla grande cerimonia in onore dei defunti monarchi del Dahomey.

Ad un cenno del cacciatore, Urada e Gamani aprirono i due grandi ombrelli, mentre i due dahomeni si collocavano dietro ai due ambasciatori portando in ispalla i fucili, ma col calcio in aria e la bocca verso terra.

Le amazzoni formarono un cerchio attorno a loro e l’ambasciata attraversò la piazza lentamente, aprendosi faticosamente il passo fra la folla che si accalcava sul suo passaggio.

Giunta dinanzi ad una delle due grandi piattaforme, il corriere del re condusse Alfredo ed il seguito sulla più elevata, facendoli accomodare su di alcuni scanni che erano coperti di pelli di leone, poi si coricò dinanzi a loro come per far comprendere alla folla che quelle persone erano sotto la protezione del potente e temuto monarca.

Intorno ai due ambasciatori ed ai loro servi si erano intanto seduti, ma ad una certa distanza, i grandi dignitari del regno, cabeceri insigniti di una, due, tre e perfino quattro code di cavallo, gran moci e comandanti di truppe.