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La morte di Kalani 245

— Mi riconosci, Kalani?... —

Il negro aprì la bocca come se volesse rispondere, ma nessun suono gli uscì.

Cogli occhi sbarrati, schizzanti dalle orbite, guardava il suo mortale nemico senza essere capace di fare un gesto. La sua pelle era però diventata orribilmente grigiastra, mentre i suoi lineamenti esprimevano un terrore impossibile a descriversi.

— Tu non mi aspettavi, è vero, Kalani? — disse Alfredo con ironia. — Ora che mi hai conosciuto, preparati a morire, poichè la notte che tu hai assalito la mia fattoria e assassinati i miei negri, ho giurato di ucciderti e manterrò la promessa. —

Kalani, dinanzi a quella minaccia, ebbe un lampo di suprema quanto inaspettata energia.

Estrasse il largo coltello e balzò indietro per riparare nell’altra stanza, ma andò a urtare contro i due dahomeni che lo avevano silenziosamente seguìto e che furono lesti a respingerlo coi calci dei fucili.

Vedendosi accerchiato, il miserabile volle tentare uno sforzo disperato. Fece appello a tutta la sua audacia e col coltello alzato si scagliò come una belva addosso ad Alfredo, sperando di sorprenderlo.

Antao aveva gettato un grido e si era gettato innanzi, ma il cacciatore l’aveva preceduto. Lesto come una tigre aveva evitato il colpo mortale, poi aveva afferrato l’avversario pel collo.

Entrambi erano caduti a terra, rotolandosi pel pavimento. Antao ed i due dahomeni si erano gettati addosso a loro per cercare di uccidere il negro, ma la tema di colpire il cacciatore li faceva esitare.

Ad un tratto Kalani mandò un urlo di fiera ferita ed allargò la stretta, mentre Alfredo si rialzava prontamente, tenendo in pugno il largo e pesante coltello dell’avversario, lordo di sangue fino all’impugnatura.

Il capo dei sacerdoti, l’anima dannata di Geletè, si rotolò due volte pel pavimento, lasciandosi dietro una larga striscia di sangue, poi rimase immobile. Il cacciatore aveva mantenuto il suo giuramento, spaccandogli il cuore.

— È morto, — disse Antao, che si era curvato su Kalani.

— I miei negri sono vendicati, — rispose Alfredo con voce cupa. — Orsù, fuggiamo!... —