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Il mar Bianco 169


Cardenti giura che vi giungeranno in quattro bordate a dispetto dei ghiacci; Canepa, più calmo, più riflessivo, prolunga quelle bordate alla durata d’una settimana, se tutto andrà bene.

Andresen, il cicerone dell’equipaggio, li ascolta, li guarda e sorride.

– Tu che sei stato ancora laggiù, di’ qualche cosa. – disse Olanssen, il carpentiere. – Questa Terra di Francesco Giuseppe non sarà già al polo?

– Tutto dipende dai ghiacci, miei cari, – rispose il giovane nostromo. – Credete voi che non se ne debba incontrare? Certi anni anche in pieno luglio se ne trovano in gran numero molto prima di giungere alla Terra di Francesco Giuseppe. Conoscete voi la storia della Fraya?

– Non so che cosa sia, – disse Olanssen.

– Ve la racconterò più tardi, quando giungeremo in vista della Nuova Zembla.

– E cosa c’entra quella nave con noi? – chiese Torgrinsen, il secondo macchinista.

– Perchè è stata presa dai ghiacci sulle coste di quelle isole e vi assicuro che l’inverno non era ancora sopraggiunto.

– Tu dunque credi che i ghiacci ci arresteranno prima di giungere all’arcipelago Francesco Giuseppe? – chiese Olanssen.

– Io non dico questo. Da una parte o dall’altra, la Stella Polare passerà, non dubitate. S. A. R. non è uomo da dare indietro ed il capitano Evensen non è un marinaio da aver paura dei ghiacci.

– In conclusione quando credi che giungeremo al Capo Flora? – domandò il carpentiere.

– In una diecina di giorni se il tempo si mantiene buono e se Dio ci aiuta, – rispose il nostromo.

– Tu conosci quelle terre?

– Vi sono stato più volte.

– Come sono?

– Splendide in estate, orribili d’inverno.

– Troveremo orsi bianchi? – chiese il secondo macchinista.

– Ve ne sono molti.

– E foche?

– Non mancano.