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Capitolo II

Il Capo Flora


Mentre la spedizione austro-ungarica in quella stessa latitudine e quasi nello stesso mese aveva incontrato grandi banchi di ghiaccio dinanzi alle isole della Terra di Francesco Giuseppe, la Stella Polare, nel momento in cui avvistava il Capo Flora, trovava, per una fortuna veramente straordinaria, il mare quasi libero.

Era un felice augurio, poichè l’assenza di quei grandi banchi che avevano impedito al Tegetthoff di accostare la terra scoperta, lasciava sperare una rapida e buona navigazione attraverso il Canale Britannico, via scelta per spingersi più tardi verso il nord.

Al grido di:

– Terra!... Terra!... – tutti si erano precipitati verso prora, volgendo gli sguardi verso il nord, dove si vedevano biancheggiare alcuni picchi nevosi, semi-nascosti fra le brume che ondeggiavano all’orizzonte.

Una viva emozione era dipinta su tutti i volti. I comandanti, i marinai, le guide stesse parevano commossi.

Era ben quella la terra che doveva servire di base d’operazione pel futuro viaggio verso il polo.

Quegli audaci dovevano provare in quel momento la medesima emozione che aveva provata il grande navigatore genovese, vedendosi apparire dinanzi agli occhi la prima isola americana, o quella, così vigorosamente descritta da Payer, quando gli si delineò dinanzi il Capo Tegetthoff.

– È proprio terra? – chiese Ollier al tenente Querini. – A me paiono monti di ghiaccio.

– Dinanzi a noi sta il Capo Flora dell’isola Northbrook.

– E quando sbarcheremo?

– Domani.

– Sono ansioso di porre i piedi su quella costa, signor tenente.

– Ed io non meno di voi. Abbiate pazienza e vi giungeremo. – Nessuno pensò a coricarsi, nemmeno i marinai norvegesi. Tutti