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272 Capitolo ottavo


La Stella Polare adunque, sebbene faticosamente, riprese la sua corsa, seguendo la via percorsa da Nansen e da Johansen nel loro ritorno.

Potè così avvistare il Capo Hugh Mill, le coste della Terra Carlo Alessandro ancora appena delineata, quindi raggiungere la Terra del Principe Rodolfo, la più settentrionale dell’Arcipelago, passando dinanzi alla baia di Teplitz.

Ohimè! Quella corsa non doveva durare a lungo.

Dopo d’aver costeggiata la parte settentrionale dell’isola del Principe Rodolfo, girando il Capo Fligely, agli ultimi di agosto si trovava dinanzi a tale massa di ghiacci da farle perdere ogni speranza di spingersi più a settentrione.

Era giunta allora all’82° 14’ di latitudine boreale, toccando quasi il punto raggiunto da Parry, settantun anno prima, dopo una lunga e faticosa corsa con le slitte attraverso i campi di ghiaccio dello Spitzbergen settentrionale.


Capitolo VIII

La baia di Teplitz


L’immensa ed impenetrabile barriera di ghiaccio che aveva arrestato tante spedizioni anche molto più al sud, stava di fronte alla Stella Polare, risoluta a non aprirsi dinanzi alla sua prora.

Erano ghiacci vecchi, forse ghiacci eterni mai sciolti dai tiepidi raggi della breve estate: erano masse enormi, bastioni colossali dalle fronti smisurate, montagne di forme strane, piramidi, cupole semi-sfondate, guglie, comignoli, punte acute: una vera selva di ostacoli assolutamente inattaccabili, resistenti all’assalto del ferro, dell’acciaio e alle formidabili esplosioni delle mine.

Era insomma il caos polare, il principio dell’immensa calotta di ghiaccio che da migliaia di secoli forse, tiene prigioniero il polo.

Non un canale su quelle immense distese di ghiacci, nemmeno un semplice crepaccio.

Il cielo, al di sopra di quei banchi senza limiti, di quegli ice-