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278 Capitolo ottavo


– Siamo stati perfino troppo fortunati finora, signore. La nostra buona stella potrebbe stancarsi di proteggerci. Guardate come si muovono quei ghiacci. S’avanzano a vista d’occhio.

– Signori! – gridò Evensen in quel momento. – Quei banchi ci faranno passare un brutto momento. –

Quel primo giorno però passò relativamente tranquillo. L’indomani invece i ghiacci si addossarono alla costa tanto velocemente che in poche ore tutta la baia ne fu piena.

La Stella Polare, immobilizzata sulle sue àncore, si vide a poco a poco mancare intorno lo spazio finchè fu completamente rinserrata.

Alla notte le prime pressioni si fecero udire. La nave, serrata da ogni parte, crepitava sotto le strette dei ghiacci. Un fremito sonoro la scuoteva dalla chiglia alla sommità degli alberi, mentre i banchi detonavano cupamente.

Il ghiaccio si alzava gradatamente attorno alla nave, spostandola violentemente. Sotto le formidabili strette, schizzava fuori, per modo di dire, dai blocchi, i quali s’accavallavano confusamente innalzandosi otto e perfino dodici metri.

I bordi erano parecchi metri più sotto e v’era il pericolo che quei massi, non ostante gli sforzi dell’equipaggio il quale adoperava disperatamente i buttafuori, crollassero sul ponte.

Scheggioni ne cadevano in gran numero, rimbalzando per la coperta e minacciando di ferire l’equipaggio. Lo spettacolo era bello ed insieme terribile. Fortunatamente la nave, invece di lasciarsi stringere sfuggiva a quelle morse sollevandosi.

Succedevano però, di quando in quando, dei momenti di calma. I ghiacci, come se si stancassero, riprendevano per un po’ di tempo la loro immobilità, poi tornavano ad agitarsi, ad incurvarsi, a frantumarsi.

Qua e là s’aprivano dei crepacci che dopo pochi momenti si rinchiudevano violentemente, facendo schizzare alta l’acqua marina.

Allora si udivano rombi sonori come se dei carri carichi di lastre di metallo corressero sfrenatamente sui campi di ghiaccio.

Poi nuova sosta, quindi zuffolii, scricchiolii, boati, detonazioni e nuovo movimento dei ghiacci. Le piramidi, le colonne, le guglie si formavano dovunque per poi sfasciarsi fragorosamente.