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Verso il polo 301

pellire completamente le tende, costringendo gli accampati a rimanere prigionieri per ventiquattro ore. Attorno si era formata una tale barriera di ghiaccio da non poterla superare nemmeno con le funi.

La buona stagione però, quantunque lentamente, s’avanzava. Le nebbie si sfollavano rapidamente, gli uragani di neve diventavano meno frequenti, il freddo scemava ed i ghiacci non subivano più pericolose pressioni. Anche il sole si manteneva ormai sopra l’orizzonte, bassissimo anche a mezzodì vero (+4°), ma la luce crepuscolare durava anche a mezzanotte, essendo l’arco di depressione dell’astro -12°.

Intanto i preparativi per la seconda spedizione venivano spinti alacremente innanzi, sotto la direzione del Duca e del capitano Cagni. L’equipaggiamento era stato scelto con cura estrema e così pure erano stati scelti i viveri.

La nuova spedizione doveva essere un po’ più numerosa della prima e anche meglio organizzata.

L’11 marzo tutto era pronto per la partenza.

La carovana si componeva di tredici slitte, di tredici uomini e di cento e quattro cani. Tutti gli italiani, eccettuati il Duca, che si trovava ancora in condizioni tutt’altro che buone in causa dell’amputazione delle dita, ed il cuoco, vi prendevano parte, unitamente al capitano Evensen, il primo macchinista, il signor Stökken, che si era offerto volontariamente di prendervi parte, ed a due marinai.

La carovana doveva spingersi più innanzi che era possibile, poi rimandare gradatamente dei drappelli, per mantenere agli ultimi e più resistenti, i viveri necessarii per marciare alla conquista del polo.

L’11 marzo adunque la carovana lasciava l’accampamento, conducendo con sè gran copia di viveri, diretta verso il Capo Germania prima, poi verso il Capo Fligely, per poi raggiungere la terra di Osborne, ammesso che fosse veramente un’isola.

I ghiacci erano cattivi, tanto che i cani penavano assai ad avanzare. Dappertutto sorgevano punte aguzze, o vi erano spaccature, strati di neve non ancora rassodata dove le slitte sprofondavano facilmente, minacciando di cadere entro i canali d’acqua marina.

Tutti, le guide specialmente, avevano un gran da fare ad aprire