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8 Capitolo primo

Aveva deposte le vesti femminili, niente affatto adatte in mare ed indossava un elegante costume che faceva risaltare doppiamente il taglio perfetto della sua persona alta e slanciata e pieghevole come un giunco. Il suo corpo era racchiuso da una casacca di panno rosso a bottoni d’oro, assai attillata e stretta ai fianchi da una larga fascia di seta bleu a nodi svolazzanti; un paio di calzoni di panno grigio, alti stivali da mare che pure mostravano un piedino da fata tale da muovere ad invidia una fanciulla del Celeste Impero e un leggero cappello di feltro, dalle ampie tese volte all’insù, adorno d’un semplice nastro nero, completavano il suo vestito.

Ma che splendida creatura era quella donna che sfidava così intrepidamente la morte, sulle cupe onde del Gran Golfo!...

Poteva avere venticinque anni e fors’anche meno. Come si disse, era alta, dal portamento elegante, da grande dama: ma ad un tempo risoluto, fiero, che tradiva una energia indomabile.

Aveva una bella testa, adorna d’una capigliatura abbondante, d’un nero assai cupo e ondulata come quella delle gitane spagnole e che le cadeva capricciosamente sulle spalle; aveva la pelle di quel pallore senza riflessi, d’una tinta strana, che solo si trova fra le creole delle Grandi Antille, e con una leggera tinta rosa sulle gote che faceva pensare al chiarore dell’alba; occhi d’un nero perfetto, scintillanti come due carbonchi, quando le lunghe palpebre setose s’alzavano, e labbra rosse come una melagrana, che lasciavano vedere dei dentini di bambina, d’uno splendore dell’opale. In quella donna, dalla tinta dei capelli e dall’espressione del volto, s’indovinava la buona razza andalusa, fusa col sangue vigoroso ed ardente dei gitani e degli arabi.

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La nave intanto continuava la sua rotta misteriosa, filando a trecento braccia dalla costa del Yucatan, la cui massa si vedeva spiccare confusamente sul babordo.

Un silenzio perfetto regnava a bordo: nessuno di quegli uomini si scambiava una sola parola.

Solamente le macchine, che dovevano essere potenti, russavano sonoramente, confondendosi coi colpi ripetuti e febbrili degli alberi motori delle due eliche, turbinanti sotto la poppa.

La velocità del legno era gradatamente aumentata e tendeva sempre a crescere. Era uscito dal porto a piccolo vapore, ed ora filava bravamente i suoi quindici nodi, risalendo la costa in direzione di Puerto Lagartos per raggiungere più tardi il capo Catoche, il quale indica la punta estrema di quella grande penisola dell’America centrale.

L’acuto sperone, tagliato ad angolo retto, fendeva le nere acque quasi senza rumore, come se navigasse su di un mare di bitume, tuffandosi in quell’atmosfera satura di umidità crescente.