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La ritirata di Cervera | 303 |
Pure la valorosa nave, anche investita completamente dalle vampe, non cedeva e sparava all’impazzata i suoi pezzi a tiro rapido, tentando ancora di seminare la morte sulle corazzate americane.
Il suo capitano, il Lazaga, impavido in mezzo allo scoppiare delle granate, comandava sempre la manovra. La sua voce echeggiava ad intervalli fra l’orrendo scroscio dei proiettili esplodenti.
— Fuoco!... Ragazzi!... Fuoco!... —
Pochi minuti dopo quel superbo incrociatore scoppiava con orribile rimbombo, sotto la spinta delle polveriere ed affondava in mezzo a un nembo di rottami, fra gli hurrà degli equipaggi americani.
L’Oquendo era appena scomparso che anche l’Infanta Maria Teresa, pure tutta in fiamme, fracassata dalle tremende cannonate del Massachussett e del Brooklyn e di altre navi minori, saltava in aria, mentre il suo capitano, il prode Concas, piuttosto che sopravvivere alla disfatta, si bruciava le cervella nella torretta di comando.
Della squadra spagnuola più ormai non rimanevano che la Viscaya e il Cristobal Colon, le più poderose.
Quantunque avessero ormai contro di loro l’intera squadra di Schley, proseguivano animosamente l’impari lotta, dirigendo i loro colpi specialmente contro l’Indiana, l’Yowa ed il Vesuvius che li perseguitavano con accanimento feroce.
La Viscaya, circondata da quattro delle più grosse corazzate americane, tuonava orrendamente. Sembrava il cratere d’un vulcano in piena eruzione, tante erano le fiamme ed il fumo che l’avvolgevano. Le granate americane cadevano fitte sul suo ponte e fracassavano i suoi fianchi massacrando marinai ed artiglieri; pure non cessava dal fuggire e dal difendersi.
Ormai quella splendida nave, che gli americani avevano ammirata un anno prima nel porto di New-York, non era più che un ammasso di rovine fumanti, ma avanti sempre, avanti ancora fino alla distruzione totale.
La via è sbarrata dalle navi americane che le si stringono addosso da tutte le parti.
Vira di bordo sul posto e si slancia verso la costa decisa a fracassarsi sugli scogli piuttosto che cadere in mano degli odiati yankees.
Corre, balza, perseguitata, fracassata dal continuo scoppio delle bombe nemiche, lasciandosi dietro una immane colonna di fiamme e di fumo, e va a rompere il suo scafo fra le scogliere, mentre le sue macchine scoppiano con un rombo spaventevole.
Le scialuppe americane accorrono da ogni parte a raccogliere i superstiti.
L’ammiraglio Cervera, ferito ad un braccio, viene imbarcato su di una scialuppa del Glowcester e condotto a bordo di quella nave. Era pallido, disfatto, ed aveva le lagrime agli occhi.