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304 Capitolo trentaquattresimo

Appena fu sul ponte della nave nemica, il comandante americano, il capitano Warmoright, gli andò incontro e stendendogli la mano, gli disse con voce commossa:

— Mi congratulo con voi, ammiraglio. Voi avete combattuto valorosamente e così gagliardamente come mai fu veduto su questi mari. —

Lo sfortunato ammiraglio, pietrificato dal dolore, non rispose. Si levò la spada e la consegnò al capitano nemico, rompendo in uno scroscio di pianto.

Poi, dopo alcuni istanti aggiunse cupamente:

— Avrei preferito perdere la vita combattendo, anzichè arrendermi in Santiago. —

Intanto il capitano Eulata, comandante della Viscaya, veniva raccolto da una scialuppa della Yowa e condotto a bordo di quella corazzata su di una barella, essendo stato gravemente ferito.

Il prode comandante fu ricevuto cogli onori militari da un drappello di marinai americani.

Egli si alzò lentamente, salutando con dignità, poi si sbottonò la cintura, baciò la spada e la porse al capitano della corazzata, ma questi si rifiutò di riceverla, mentre l’equipaggio intero prorompeva in frenetici hurrà.

In quel momento le munizioni della Viscaya scoppiavano con frastuono, buttando all’aria il ponte del povero incrociatore.

Il capitano spagnuolo, udendo quel rombo, disse con voce strozzata, mentre le lagrime gli scendevano sulle gote:

Adios Viscaya. —

Poi volgendosi verso il comandante americano, aggiunse fra i singhiozzi che lo soffocavano:

— Ecco la mia bella nave che se ne va!... —


CAPITOLO XXXV.


La lotta del “Cristobal Colon„


Mentre le tre corazzate della squadra spagnuola, rotte, fracassate, sventrate, terminavano di affondare, il Cristobal Colon, il più piccolo, ma il più solido dei quattro incrociatori continuava da solo la tremenda lotta.

Invano la Yowa, il Texas, l’Oregon e l’Indiana, le più poderose corazzate della marina americana, tentavano, con furiose scariche, di demolirlo e di cacciarlo a fondo. Quella nave, parte dell’industria italiana, resisteva come uno scoglio.

Le granate cadevano fitte sulla sua coperta, detonando spaventosamente, lanciando a prora ed a poppa getti di fuoco e frantumi di acciaio ed i grossi proiettili battevano le sue corazze tentando di aprire delle brecce, ma invano.