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I canali dello Stretto di Magellano 43

semplice turacciolo, si precipitava violentemente negli abissi dai quali pareva che non dovesse più uscire, poi presa dai venti che avevano talvolta un moto circolare, girava su sè stessa come se si trovasse nel mezzo d’un vortice.

Anche il baleniere era diventato pallidissimo, temendo di non poter più resistere alla furia dei venti e delle onde: pure non aveva ancora alcuna intenzione di cercare un rifugio. Sapeva di non essere ormai molto lontano da Punta Arenas e voleva raggiungerla prima che l’alba spuntasse.

D’altra parte, non aveva perduta la sua fiducia sulla robustezza della sua scialuppa, che passava per una delle migliori di tutto il litorale.

Fatta ridurre ancora la vela di poppa a minime proporzioni e fatto abbattere un fiocco, si diresse verso il Capo S. Isidoro, tenendo la prua verso il monte Fava, e procurando di mantenersi in mezzo al canale per non urtare contro quella moltitudine d’isolotti che si staccavano dalla Terra del Fuoco.

Fu una lotta però lunga e faticosissima, durante la quale più volte la scialuppa corse il pericolo di perdere l’alberello e anche di venire scaraventata sull’una o sull’altra delle due coste.

Soltanto verso le cinque del mattino potè raggiungere il Porto della Fame, insenatura abbastanza larga per accogliere delle navi anche di grossa portata e abitata a quel tempo da pochi pescatori.

— Laggiù vi è Piotre, — disse il baleniere a José. — Mi parve d’aver veduto la sua barca da pesca dietro quell’isolotto. Quello è tornato e forse con un buon carico, ma l’altro no. —

Mandò un sospiro, e drizzò la scialuppa verso oriente. I colpi di vento erano cessati, ma le onde erano sempre pericolose.