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capitolo xiii — alla deriva 107


Il 6 novembre, a circa centoventi miglia dall’isola degli Orsi, il wacke faceva l’incontro d’una flottiglia numerosa di ghiacci. Era il principio di quella grande barriera, che tutti gli anni s’incontra in quei paraggi, e che pareva provenisse dalle coste orientali della Groenlandia che sono così ricche di ghiacciai.

Però fra quegli ice-bergs, quei palks e quei floe vi erano dei passaggi assai larghi ed il wacke non correva alcun pericolo di venire un’altra volta arrestato.

Tutt’al più poteva urtare e perdere una parte della sua superficie e fors’anche spaccarsi a metà e lasciare finalmente libera la Torpa.

Su quei ghiacci che andavano lentamente alla deriva, si scorgevano numerose foche e morse, ed Oscar vide, non senza stupore, perfino una coppia di orsi bianchi.

– Finiranno coll’annegarsi disse a Jansey, che guardava quei feroci animali con occhi ardenti.

– Oh, non credetelo, professore rispose il capitano. Gli orsi bianchi sono valenti nuotatori. Io ne ho veduti alcuni ad una distanza di trenta chilometri dalle coste più vicine.

– Nuotano agilmente?

– Quanto le foche, anzi talora spiccano certi salti, da uscire quasi completamente dalle onde.

– È vero, capitano, che amano poco inoltrarsi entro le terre.

– Verissimo, vi dirò anzi che di rado s’incontrano a sessanta o settanta chilometri dalle coste. Qualche volta però si vedono anche a centocinquanta chilometri dal mare, ma lungo i fiumi che risalgono pescando e per nutrirsi delle bacche rosse di certi cespuglietti che crescono presso i corsi d’acqua dolce.

– Sono anche le femmine amanti dell’acqua?