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capitolo ii — gli orsi bianchi 139


o soffocare fra la folta pelliccia, poi colla mano armata vibrò una coltellata così violenta che la lama intera si immerse.

Quantunque nuovamente ferito, e forse mortalmente, la belva non cadde. Aveva strette le zampacce attorno all’avversario e cercava di soffocarlo con una potente stretta, mentre colle mascelle tentava di stritolargli il cranio; ma mastro Tyndhall non era alla sua prima lotta e mentre abbassava sempre più il capo, col ginocchio puntava con sovrumano vigore.

– Tenete fermo, padrone! gridarono i marinai, che avevano impugnati i ramponi.

– Non temete, rispose il mastro, che non abbandonava il manico del coltello. Cacciate un rampone nel corpo di questo vecchio birbone!

Charchot, che già si trovava vicino, alzò la terribile arma, munita di un ferro di lancia in forma di V, ma coi margini interni assai grossi, e vibrò un colpo disperato. La lama scomparve tutta intera nel dorso dell’orso troncandogli la spina dorsale e vi rimase infissa.

Quel colpo, vibrato con grande destrezza, era mortale. Tyndhall sentì la stretta allentarsi, poi vide il colosso piombare a terra, agitato da furiose convulsioni.

– Al diavolo il vecchio dal pelo bianco! gridò il mastro. Ancora un poco e mi sgretolava il cranio come fosse un semplice biscotto.

– Siete ferito, mastro? chiesero i marinai.

– No, ma se Charchot tardava un po’, la mia grossa casacca di tela non mi avrebbe salvato dagli artigli di quel... Oh!...

– Lampi!...

– Corna di caribou!...

– Alla barca!... Alla barca!...