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capitolo vi — l'urto della balena 173


Essendo il vento favorevolissimo, soffiando costantemente al nord-est, la Shannon giunse in breve presso il luogo ove esisteva l’istmo. I frammenti della barriera non si erano ancora cementati, ma si erano riuniti e un ritardo di poche ore sarebbe bastato per non ritrovare più il passo libero.

Con poche speronate la Shannon si fece largo e alle 11 volgeva la poppa al grande banco, navigando sulle libere acque della baia di Baffin.

A meno di sei miglia si disegnavano le alte sponde della penisola di Cumberland, capricciosamente frastagliate da profondi fiords e difese da un grande numero d’isole e d’isolotti.

Fra il banco e la costa, il mare era quasi completamente libero tendendo i ghiacci a mantenersi piuttosto al largo dalle terre, forse in causa dei venti che soffiano ordinariamente dalla parte dei continenti e fors’anche in causa delle contro-ondate e delle forti risacche.

– Finalmente! esclamò mastro Tyndhall, che era raggiante. Questa grande baia, ritenuta impraticabile dopo il settembre, l’abbiamo attraversata. Se Dio ci protegge, dalle coste di Cumberland allo stretto di Lancaster non sarà che una passeggiata.

– Ma sotto la costa vedo dei ghiacci, mastro, disse Mac-Chanty, che gli stava presso.

– Sono ice-bergs e banchi vomitati dai ghiacciai e non si staccheranno tanto presto dalle spiagge.

– Dove approderemo?

– Alla baia di Home, che ci sta proprio di fronte.

E sarà là che cominceremo le ricerche?

– Sì, Mac Chanty.

– Sperate di trovare la nave?

– Se non la nave, almeno i rottami od i naufraghi.