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160 sul mare delle perle

una parte, affinchè la lettiga del marajah potesse avanzare liberamente.

Intanto, a destra ed a sinistra, battitori, servi e guerrieri, armati di scuri, tagliavano rami, fracassavano radici, spazzavano via foglie e piante parassite, con una rapidità fulminea, e la strada era fatta.

Alle dieci di sera, quando il corteo giunse presso la jungla che il francese e Durga avevano attraversato al mattino, i tam-tam, i tamburi e le trombe diedero il segnale della fermata.

Cinquanta uomini si precipitarono in mezzo alle canne spinose, abbattendole su uno spazio di quattrocento metri quadrati ed innalzarono la tenda reale, un padiglione in forma di cono, di seta rossa, adorno di bandiere.

Intorno ne rizzarono altre pei ministri, per gli alti dignitari e pei parenti del marajah, poi vennero accesi immensi fuochi per preparare la cena.

— Rizziamo anche noi la nostra tenda — disse il capitano, facendo fermare l’elefante. — L’umidità che regna nelle jungle è talvolta pericolosa; essa produce delle febbri inguaribili.

Quattro servi s’occuparono della cosa, poi allestirono la cena pel loro padrone e pei suoi ospiti, servendola su piatti d’argento.

— Per bacco! — esclamò il francese, sempre ilare specialmente quando vi era da mangiare. — Tondi d’argento nel regno delle tigri! È un lusso inaudito, che cosa ne dici, Durga?

— Che tutto va per il meglio, signore.

— Anche i nostri progetti, è così?