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cap. xvii. — le galee del marajah 259

allo scoglio, tenendosi lontane dalla caverna, per evitare i numerosi banchi di sabbia e le punte corallifere, contro le quali le onde potevano spingerle e fracassarle.

— Passeremo — disse Amali a Jean Baret. Il canale che guida alla caverna non è stato ancora scoperto.

— Non facciamoci udire. Vedo delle galee che si muovono.

— Perlustrano le coste.

— Se sapessero che noi siamo qui! Che bella sorpresa, quando domani si accorgeranno che voi dirigerete la difesa. Ah! un’idea!

— Dite, Jean Baret.

— Se facessimo avvertire i pescatori di perle che noi siamo assediati?

— Non occorre; lo sapranno egualmente. Una squadra così numerosa non può essere sfuggita ai loro sguardi e vedrete che quando noi meno ce lo aspetteremo, giungeranno. D’altronde sono stati avvertiti di tenersi pronti e di preparare le armi. Ecco il canale, e gli assedianti non si sono ancora accorti di nulla.

Il Bangalore si era cacciato lestamente fra le scogliere e si avvicinava alla caverna, la cui immensa apertura si cominciava già a scorgere. Amali prese la barra del timone, diede ai suoi uomini alcuni ordini, poi diresse colla sua solita abilità la nave, facendole descrivere delle curve arditissime, per evitare quei molteplici ostacoli che la minacciavano da tutte le parti e s’inoltrò nell’ampia caverna, destando i pesci-cani che dormivano a fior d’acqua.