parlavano con argute note, rispondendo alle
amorose canzoni de’ pastori. Al quale con lenti
passi dal santo sacerdote guidati, siccome egli
volle, in un picciolo fonticello di viva acqua,
che nella entrata di quello sorgea, ne lavammo
le mani; conciossiacosaché con peccati andare
in cotal luogo non era da religione concesse.
Indi adorato prima il santo Pan, dopo
li non conosciuti Dii, se alcuno ve ne era,
che per non mostrarsi agli occhi nostri nel latebroso
bosco si nascondesse, passammo col destro
piede avanti, in segno di felice augurio;
ciascuno tacitamente in se pregandoli, gli fossero
sempre propizj così in quel punto, come
nelle occorrenti necessità future; ed entrati nel
santo pineto, trovammo sotto una pendente ripa
fra ruinati sassi una spelunca vecchissima,
e grande, non so se naturalmente, o se da
manuale artificio cavala nel duro monte; e
dentro di quella, del medesimo sasso un bello
altare, formato da rustiche mani di pastori;
sovra al quale si vedeva di legno la grande effigie
del salvatico Iddio, appoggiata ad un lungo
bastone di una intera oliva, e sovra la testa
avea due corna drittissime, ed elevate verso
il cielo, con la faccia rubiconda come matura
fragola; le gambe e i piedi irsuti, nè d’altra
forma, che sono quelli delle capre; il suo
manto era di una pelle grandissima, stellata di
bianche macchie. Dall’un lato, e dall’altro del
vecchio altare pendevano due grandi tavole di
faggio, scritte di rusticane lettere: le quali successivamente
di tempo in tempo per molti anni
conservate dai passati pastori, contenevano in
se le antiche leggi, e gli ammaestramenti della