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segnale a Fronimo che gli rispondesse, ruppe finalmente il silenzio in queste voci.


ANNOTAZIONI

alla Prosa Decima.


Nell’una eran notati tutti i dì dell’anno, e i varj mutamenti delle stagioni ec. Qui è forse imitato Virgilio sul fine del Lib. i. dell’Eneide, ove si narra che Jopa tali cose appunto cantava:


Hic canit errantem lunam, solisque lahores:
Unde hominum genus, et pecudes; unde imber, et ignes;
Arcturum, pluviasque Hyadas, geminosque Triones:
Quid tantum Oceano properent se tingere soles
Hyberni, vel quae tardis mora noctibus obstet.


Nelle mani d’un pastore Siracusano ec. Ciò si riferisce a Teocrito poeta pastorale di Siracusa, il quale cantò i suoi bellissimi Idilli lungo l’Aretusa, fiume della Sicilia; del quale così i Poeti fingono l’origine. Aretusa fu una vergine cacciatrice, compagna di Diana, amata da Alfeo, fiume d’Elide. Non potendo ella dopo un lungo corso scampare dalla forza di Alfeo, venne per compassione convertita da Diana in un fonte, che per non essere corrotto dall’acque dell’amante, sotto terra fuggì in Ortigia, isola della Sicilia presso Siracusa, dove emerse con copiosissimo gorgo d’acque.

Al Mantovano Titiro, cioè a Virgilio, il quale così imitò Teocrito, che spesse volte pare che lo traduca dal Greco in Latino. Felici però quegli imitatori, o traduttori, che possono uguagliare Virgilio quando imita o traduce Teocrito! Con buona pace de’ lodevoli studiosi delle Greche lettere io direi, che, tratto il pregio dell’essere originale, pregio veramente grande, Teocrito è superato da Virgilio.

Insegnò primieramente le selve ec. Qui ’l Sanazzaro espone in breve gli argomenti delle dieci Egloghe Virgiliane, usando le stesse parole di Virgilio al principio di ciascuna Egloga.

E ’l grandissimo Oceano padre universale di tutte le cose ec. Ciò è tolto a Virgilio nel Lib. iv. della Georgica:


Oceanumque patrem rerum, nymphasque sorores,
Centum quae sylvas t centum quae flumina servant.


Tanto Virgilio prima, quanto il Sanazzaro poi chiamarono