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Ergasto.

Menando un giorno gli agni presso un fiume,
Vidi un bel lume in mezzo di quell’onde,
Che con due bionde trecce allor mi strinse;
E mi dipinse un volto in mezzo ’l core,
Che di colore avanza latte e rose;
Poi si nascose in modo dentro l’alma,
Che d’altra salma non m’aggrava il peso.
Così fui preso; ond’ho tal giogo al collo,
Ch’il pruovo, e sollo più ch’uom mai di carne;
Tal che a pensarne è vinta ogni alta stima.
Io vidi prima l’uno e poi l’altr’occhio;
Fin al ginocchio alzata al parer mio,
In mezzo ’l rio si stava al caldo cielo;
Lavava un velo in voce alta cantando:
Oimè, che quaudo ella mi vide, in fretta
La canzonetta sua spezzando, tacque:
E mi dispiacque, che per più mie’ affanni
Si scinse i panni, e tutta si coverse:
Poi si sommerse ivi entro infino al cinto;
Tal che per vinto io caddi in terra smorto;
E per conforto darmi ella già corse,
E mi soccorse, sì piangendo a gridi,
Ch’alli suoi stridi corsero i pastori
Ch’eran di fuori intorno alle contrade,
E per pietade ritentar’mill’arti.
Ma i spirti sparti al fin mi ritornaro,
E fen riparo alla dubbiosa vita.
Ella pentita, poi ch’io mi riscossi,
Allor tornossi indietro, e ’l cor più m’arse,
Sol per mostrarse in un pietosa e fella.
La pastorella mia spietata e rigida,
Che notte e giorno al mio soccorso chiamola,
E sta superba, e più che ghiaccio frigida: