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Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/73

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ANNOTAZIONI

alla Prosa Quarta.


Senza avvedersene ella ec. Questo passo senza dubbio fu imitato dal Tasso nell’Atto II. Scena 2 dell’Aminta, con non minore verità e leggiadria.


Ma mentre ella s’ornava, e vagheggiava,
Rivolse gli occhi a caso, e si fu accorta,
Ch’io di lei m’era accorta, e vergognando
Rizzossi tosto, e i fior lasciò cadere.


Siccome Najade, o Napee. Gli antichi aveano riempiuto di divinità il mondo non che il cielo. Fra le divinità dunque di quaggiù le Najadi abitavan ne’ fiumi, le Nappe ne’ fonti, le Driadi ne’ boschi, l’Amadriadi negli alberi, l’Oreadi ne’ monti, l’Innide ne’ prati.

Piacque di voler udire Logisto ed Elpino ec. Qui il Sanazzaro ha imitato o Virgilio nell’Egl. vii.


Forte sub arguta consederat ilice Daphnis;
Compulerantque greges Corydon et Thyrsis in unum;
Thyrsis oves, Corydon distentas lacte capellas,
Ambo florentes aetatibus; Arcades ambo;
Et cantare pares, et respondere parati.


o Teocrito nell’Idilio vi.


Dameta un giorno ed il bifolco Dafni,
Arato mio, guidato a un luogo stesso
Avean l’armento. Un era biondo, e l’altre
Allora allora le rosate guancie
Di tenera lanugine vestìa.
Sul margine d’un fonte ambo sdrajati,
Mentre più ardenti il sol vibrava i rai,
Ambo così sciolser la voce al canto.


Il mio domestico cervo ec. Tutto il restante di questa Prosa è fatto ad imitazione dell’Egloga iii. di Virgilio, o dirò meglio ancora dell’Idilio i. di Teocrito.