Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/169

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libro primo - capitolo vi 163


acciò il concilio si facesse, per il contrario avendosi il re di Francia adoperato sempre per impedirlo, gli pareva cosa strana che in quella bolla li fosse comparato e uguagliato. E narrate tutte le ingiurie che pretendeva avere ricevute dal re, vi aggionse anco che nell’ultima dieta di Spira s’aveva adoperato per mezzo de’ suoi ambasciatori per nutrire le discordie della religione, promettendo separatamente all’una parte e l’altra amicizia e favore. In fine rimesse alla Santitá sua il pensare se le azioni di quel re servivano per rimediar ai mali della repubblica cristiana e per principiar il concilio, il qual sempre aveva attraversato per sua utilitá privata, e aveva costretto esso, che se n’era avveduto, a trovar altra strada per reconciliare le cose della religione. Dover per tanto la Santitá sua imputar a quel re e non a lui se il concilio non si celebrará; e volendo aiutare il pubblico bene, dechiararseli nemico, essendo questo mezzo unico per venir a fine di far il concilio, stabilire le cose della religione e ricuperare la pace.

Il re, come presago delle imputazioni che gli sarebbono date, d’avere mosso una guerra con detrimento della religione e impedimento del divino servizio che si poteva aspettare dal concilio, aveva prevenuto con la pubblicazione d’un editto contra luterani, comandando alli parlamenti l’inviolabile esecuzione, con severi precetti che fossero denonciati quei ch’avessero libri alieni dalla chiesa romana, che si congregassero in secreti conventicoli, li trasgressori dei comandamenti della Chiesa, e specialmente chi non osservasse la dottrina de’ cibi, o vero usasse orazione in altra lingua che latina: commettendo alli sorbonisti di esser, contra tutti questi, diligentissimi esploratori. Poi, fatto conscio dell’artificio di Cesare, che perciò tentava incitarli contra il pontefice, per rimedio sollecitava che con effetti si procedesse contra li luterani, e comandò che in Parigi s’instituisse una formula di scoprirli e accusarli, proposte anco pene a chi non li manifestasse e premi alli denonciatori. Avuto poi piena notizia di quanto Cesare aveva scritto al pontefice, gli scrisse ancora una longa lettera apologetica

per sé e invettiva contra Cesare, primieramente rinfacciandoli