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182 | l'istoria del concilio tridentino |
contribuir aiuti contra turchi. Che dalla Santitá sua aveva
ottenuta l’intimazione, e giá esser in Trento gli ambasciatori
mandati dall’imperatore e da lui. Che era noto ad ognuno
quanta fatica avesse usato Cesare per far celebrar il concilio,
prima con Clemente in Bologna, poi con Paulo in Roma,
in Genova, in Nizza, in Lucca e in Busseto. Che secondo il
decreto di Spira aveva dato ordini ad uomini dotti e di buona
conscienza che componessero una riforma; la qual anco era
stata ordinata; ma essendo cosa di molta deliberazione e il
tempo breve, sovrastando la guerra turchesca, avere Cesare
deliberato che, tralasciato di parlar piú oltre di questo, s’aspettasse di veder prima qual fosse per esser il progresso del concilio, e che cosa si poteva da quello sperare, dovendosi cominciar presto. Che quando non apparisse frutto alcuno, si
potrebbe inanzi il fine di quella dieta intimarne un’altra per
trattare tutto il negozio della religione, attendendo adesso a
quello che piú importa, cioè alla guerra de’ turchi.
Di questa proposta presero li protestanti gran sospetto, perché dovendo durare la pace della religione sino al concilio, dubitarono che, snervati di denaro per le contribuzioni contra il turco, non fossero assaliti, con pretesto che il decreto della pace per l’apertura di concilio in Trento fosse finito. Però dimandarono che si continuasse la trattazione incominciata, allegando esser assai longo il tempo a chi ha timor di Dio; o vero almeno si stabilisse di novo la pace sino ad un legittimo concilio tante volte promesso, quale il tridentino non era, per le ragioni tante volte dette; e dechiararono di non potere contribuir se non avevano sicurezza d’una pace non legata a concilio pontificio, quale avevano ripudiato sempre che se n’era parlato. E se ben gli ecclesiastici assolutamente acconsentivano che la causa della religione si rimettesse totalmente al concilio, fu nondimeno risoluto d’aspettare la risposta di Cesare inanzi la conclusione.
Di quest’azione, al pontefice e alli legati che erano in Trento, tre particolari dispiacquero. L’uno, che l’imperatore
attribuisse a sé d’aver indotto il papa alla celebrazione del