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196 l'istoria del concilio tridentino


facoltá di conceder licenza e parte con dar speranza che fra pochi giorni s’averebbe dato principio. L’ambasciator cesareo ritornò all’ambasciaria sua a Venezia, sotto pretesto d’indisposizione, avendo lasciati li legati dubbi se fosse per commissione di Cesare con qualche artificio, o pur per stanchezza di star in ozio con incomoditá: promesse presto ritorno, aggiongendo che tra tanto restavano gli ambasciatori del re de’ romani per aiutare il servizio divino: e nondimeno che desiderava non si venisse all’apertura del concilio sino al suo ritorno.

Ma in fine dell’altro mese la maggior parte dei vescovi, spinti chi dalla povertá, chi dall’incomodo, fecero querele grandissime, ed eccitata tra loro quasi una sedizione, minacciavano di partirsi, ricorrendo a Francesco Castelalto, governator di Trento, qual Ferdinando aveva deputato per tenir il luoco suo insieme con Antonio della Quetta. Egli si presentò alli legati e fece loro istanza per nome del suo re che ormai si dasse principio, vedendosi quanto bene sia per seguire dalla celebrazione e quanto male dal temporeggiare cosí. Di questo li legati si reputarono offesi, parendogli che era un volere mostrar al mondo il contrario del vero ed attribuir a loro quella dimora che nasceva dall’imperatore; e quantunque avessero tra loro risoluto di dissimulare e rispondere con parole generali, nondimeno il Cardinal del Monte non potè raffrenar la sua libertá che nel fare la risposta non concludesse in fine confortandolo ad aspettar don Diego, il quale aveva piú particolari commissioni di lui. Grande era la difficoltá in trattenere e consolare li prelati, che sopportavano malamente quella oziosa dimora, e massime li poveri, a’ quali bisognavano denari e non parole: per il che si risolvettero di dar a spese del pontefice quaranta ducati per uno alli vescovi de’ Nobili, di Bertinoro e di Chiozza, che piú delli altri si querelavano: e temendo che quella munificenza non dasse pretensione per l’avvenire, si dechiararono che era per un sussidio e non per provvisione. Scrissero al pontefice, dandogli conto di tutto

l’operato e mostrandogli la necessitá di sovvenirli con qualche