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218 l'istoria del concilio tridentino


veramente è l’azione conciliare, perché la sessione, andando a cosa fatta, resta pura ceremonia. Poco piú d’un secolo è passato, poi che gl’interessi fecero nascere tra li vescovi di diverse nazioni qualche competenza; onde le lontane, che di poco numero erano, non volendo sopportar d’esser superate dalle vicine numerose, per pareggiarle tra loro fu necessario che ciascuna si congregasse da sé, e per numero de voti facesse la sua deliberazione, e l’universale difinizione fosse stabilita non per voti de’ singolari, ma per pluralitá de voti delle nazioni. Cosi fu servato nelli concili di Costanza e Basilea; il che si come è uso molto proprio dove si governa in libertá, quale era allora quando il mondo era senza papa, cosí poco sarebbe stato appropriato in Trento, dove si ricercava concilio soggetto al pontefice. E questa fu la ragione perché li legati in Trento e la corte a Roma facevano cosí gran capitale della forma di procedere, e della qualitá e autoritá della presidenza.

Imperò, gionta la risposta da Roma, chiamarono la congregazione il di 5 gennaro 1546, nella quale, dopo aver il Monte salutati e benedetti tutti da parte del pontefice, fece legger il breve suddetto dell’esenzione delle decime. Li legati tutti tre fecero come tre encomi, l’uno dopo l’altro, mostrando la buona volontá del pontefice verso le persone delli padri. Ma alcuni spagnoli dissero che questa era una grazia fatta dal papa di maggior danno che beneficio, essendo l’accettarla una confessione che il papa può imponere gravezze alle altre chiese, e che il concilio non ha autoritá né di proibirlo, né di esentare quelli che giustamente non doverebbono esser compresi: il che non solo dispiacque alli legati, ma fu anco ributtato da loro con qualche parole mordaci. Altri delli prelati dimandarono che la grazia fosse estesa anco alli loro familiari e a tutte le persone che si ritroverebbono in concilio. Li generali delli ordini parimente dimandavano l’istessa esenzione, allegando le spese che convenivano far li loro monasteri per li frati condotti da essi al concilio. Catalano Triulzio, vescovo di Piacenza, arrivato due giorni prima, narrò