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292 | l'istoria del concilio tridentino |
li ministri dell’imperatore non esser mancato dalla Maestá
sua che non si esequisse il decreto di Spira, ed essere molto
ben noto a tutti che per aver la pace tanto necessaria col
re di Francia era stata sforzata in condescender al voler del
pontefice nelle cose che toccano la religione; che il decreto
era accomodato alle necessitá di quel tempo, le quali mutate,
era anco necessario mutar parere; che nelli concili nazionali
si è alcune volte fatta emendazione de costumi, ma della fede
e della religione mai si è trattato; che venendo alli colloqui,
si ha da far con teologi che per il piú sono diffícili e ostinati,
onde non si può con loro venir a consegli moderati, come
farebbe di bisogno; che nessuno amava piú la religione che
Cesare, né era per partirsi dal giusto e onesto un ponto per
far piacer al pontefice, ma ben sapeva che in un concilio
nazionale non si averebbe potuto né accordar le parti, né
trovar chi far giudice. Li ambasciatori di Magonza e di Treveri si divisero dagli altri quattro, e uniti con tutti li cattolici
approvarono il concilio tridentino, e supplicarono Cesare a
proteggerlo e a persuadere li protestanti di andarvi e sottomettersi a quello. A che dicendo essi in contrario in Trento
non esser concilio libero, come fu dimandato e promesso
nelle diete dell’Imperio, di nuovo fecero instanza che Cesare
volesse tenir ferma la pace e ordinare che le cose della religione si stabilissero in un concilio legittimo di Germania, o
veramente in una dieta dell’Imperio, o vero in un colloquio
di persone dotte dell’una e l’altra parte.
Aveva l’imperator in questo mentre fatto secretissime provvisioni per la guerra, le quali, non potendo piú star occulte, vennero a notizia delli protestanti in dieta congregati; e perché era fatta la pace col re di Francia e tregua per quell’anno col Turco, ognuno facilmente vedeva la causa, massime che si era sparsa fama che anco il pontefice e Ferdinando si armavano; onde ogni cosa si voltò in confusione. E vedendo Cesare esser scoperto, a’ 9 di giugno spedi per le poste il Cardinal di Trento a Roma per dimandar al pontefice gli aiuti promessi; e mandò anco in Italia ed in Fiandra capitani