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24 l'istoria del concilio tridentino


giudicio se non sotto la regola della Scrittura, gli fu dato commiato e termine di ventun giorni per tornar a casa, con condizione che nel viaggio non predicasse né scrivesse. Di ch’egli avendo ringraziato, a’ 26 d’aprile si partí.

Dopo, Carlo imperatore il giorno 8 di maggio nel medesimo consesso di Vormazia pubblicò un editto, dove avendo prenarrato che all’officio dell’imperator tocca aggrandire la religione ed estinguer l’eresie che incominciassero a nascere, passò a raccontare che fra’ Martin Lutero si studiava di macchiar la Germania di quella peste, sí che non ovviandovi, tutta quella nazione era per cadere in una detestabile pernicie; che papa Leone l’aveva paternamente ammonito, e poi il conseglio de’ cardinali ed altri uomini eccellenti avevano condannato i suoi scritti e dechiarato lui eretico, se fra certo termine non revocava gli errori; e di quella bolla della condanna ne aveva mandato copia ad esso imperatore, come protettor della Chiesa, per Gerolemo Aleandro suo noncio, ricercandolo che fosse eseguita nell’imperio, regni, domimi e provincie sue: ma che per ciò Martino non si era corretto, anzi alla giornata moltiplicava libri pieni non solo di nove eresie, ma ancora di giá condannate dalli sacri concili, e non tanto in lingua latina, ma ancora in todesca. E nominati poi in particolare molti errori suoi, conclude non vi esser alcuno scritto dove non sia qualche peste o aculeo mortale, sí che si può dir che ogni parola sia un veneno. Le qual cose considerate da esso imperatore e dalli consegli suoi di tutte le nazioni suddite a lui, insistendo ne’ vestigi degl’imperatori romani suoi predecessori, avendo conferito in quel convento di Vormazia il tutto con gli elettori ed ordini dell’Imperio, con conseglio loro ed assenso, se bene non conveniva ascoltar un condannato dal sommo pontefice ed ostinato nella sua perversitá e notorio eretico, nondimeno per levar ogni materia di cavillare, dicendo molti ch’era necessario udir l’uomo prima che venir all’esecuzione del decreto del pontefice, l’aveva mandato a levare per uno de’ suoi araldi, non per conoscere e giudicare le cose

della fede, il che s’aspetta al solo pontefice, ma per ridurlo