Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro secondo - capitolo vi | 339 |
propria colpa perisce. Di quei pochi, oltre il comune privilegiati, esser il numero determinato e certo appresso Dio; di
quelli altri, che per via comune si salvano, come dependente
dalla libertá umana, non esser da Dio determinato, se non
attesa la previsione delle opere di ciascuno. Diceva il Catarino maravigliarsi molto della stupiditá di quelli che dicono
esser certo e determinato il numero, e nondimeno aggiongono
che gli altri possino salvarsi; che tanto è dire esser un numero determinato, il qual però può crescere; e parimente di
quelli che dicono li reprobati aver un aiuto sufficiente per la
salute, essendo però necessario a chi si salva averne un maggiore, che è dire un sufficiente insufficiente.
Aggiongeva che l’opinione di sant’Agostino sia inaudita inanzi a lui; che esso medesmo confessa non si troverá nelle opere d’alcuno che abbia scritto inanzi li tempi suoi; che egli stesso non sempre l’ebbe per vera, anzi ascrisse la causa della divina volontá alli meriti, dicendo: «Dio compassiona chi gli piace e indura chi egli vuole»; ma quella volontá di Dio non può esser ingiusta, imperocché viene da occultissimi meriti; e che nelli peccatori vi è diversitá, e ve ne sono di quelli che, quantonque non giustificati, sono degni della giustificazione: se ben dopo, il calor del disputar contr’a’ pelagiani lo trasportò a parlare e sentir il contrario; ma però in quei tempi stessi, quando fu udita la sua sentenzia, tutti li cattolici restarono scandalezzati, come san Prospero li scrisse. E Gennadio massiliense cinquant’anni dopo, nel giudicio che fa delli scrittori illustri, dice esserli avvenuto secondo il detto di Salomone, che nel troppo parlare non si può fuggir il peccato, e che per il fallo suo esagerato dagl’inimici non era ancora nata quistione che partorisse eresia; quasi accennando quel buon padre il suo timore di quello che ora si vede, cioè che per quella opinione sorga qualche setta e divisione.
La censura del secondo articolo fu varia e consequente alle tre opinioni narrate. Il Catarino aveva la prima parte per vera, attesa l’efficacia della divina volontá verso li singolarmente favoriti; ma la seconda falsa, attesa la sufficienza