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340 | l'istoria del concilio tridentino |
dell’aiuto divino a tutti, e la libertá umana in cooperarvi.
Gli altri, che ascrivevano la causa della predestinazione in
tutti al consenso umano, condannavano l’articolo tutto intiero
e quanto ad ambedue le parti: ma gli aderenti alla sentenzia
di sant’Agostino e comune de’ teologi, lo distinguevano che in
senso composito fosse vero e in senso diviso dannabile: sottilitá che confondeva la mente alli prelati. E da chi la diceva
se ben esemplificata con dire: «Chi si muove non può star
fermo, in senso composito è vero, perché s’intende mentre
che si muove; ma in senso diviso è falso, cioè in un altro
tempo», non era ben intesa; perché, applicando al proposito,
non si può dire: il predestinato si può dannare in un tempo
che non sia predestinato, poiché è sempre tale: e generalmente il senso diviso non ha luoco, dove l’accidente è inseparabile dal soggetto. Per tanto credevano altri dichiarare
meglio, dicendo che Dio regge e move ciascuna cosa secondo
natura propria, la qual nelle cose contingenti è libera, e tale
che insieme con l’atto sta la potestá all’opposito; onde insieme
con l’atto di predestinazione sta la potestá alla reprobazione
e dannazione. Ma questo era meno inteso che il primo.
Li altri articoli furono censurati con mirabile concordia. Per il terzo e sesto, asserendo esser stata perpetua opinione nella Chiesa che molti ricevono e conservano la grazia divina per qualche tempo, li quali poi la perdono e in fine si dannano, era allegato l’esempio di Saul, di Salomone e di Giuda, uno delli dodici; caso piú di tutti evidente per le parole di Cristo al Padre: «Ho custodito in tuo nome quelli che mi hai dato, de’ quali non è perito se non il figlio del perdimento». Aggiongevano a questi Nicolò, uno delli sette diaconi, e altri nella Scrittura prima commendati e poi biasmati; e per complemento d’ogni ragione il caso di Lucifero. Contra il sesto particolarmente consideravano che quella vocazione sarebbe una derisione empia, quando chiamati, e niente mancando dal canto loro, non fossero admessi; che li sacramenti per loro non sarebbono efficaci: cose tutte piene di assurditá. Ma per censura del quinto si portava l’autoritá del Profeta