Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/68

Da Wikisource.
62 l'istoria del concilio tridentino


tonque da’ suoi fosse molto aiutato con la commendazione, ebbe però fede di sincero appresso pochi.

Ma in Spagna, essendo state presentate le due lettere dal noncio pontificio all’imperatore, l’una un dí dopo l’altra, si eccitò molto pensiero nel conseglio di quel prencipe. Credevano alcuni di essi che Clemente, pentito dell’acerbitá della prima, avesse scritta la seconda per medicina; per il che consigliavano che non convenisse mostrarne risentimento: e questa opinione era fomentata da una disseminazione sparsa dal noncio, che con la seconda avesse avuto ordine, se la prima non era presentata, di non renderla, ma, consignando solo la seconda, rimandarla. Li piú sensati ben vedevano che non vi essendo differenza maggiore che di un giorno, se fosse stato pentimento, averebbe il papa potuto, facendo accelerar il corriere secondo, prevenir il primo; poi non esser verisimile che un prencipe prudente come quello, senza gran consulta fosse venuto a deliberazione di scrivere con tanta acerbitá. Però riputavano che fosse stato un artificio di protestare e non voler risposta. E fu risoluto che dall’imperatore fosse imitato, rispondendo parimente alla prima con li termini convenienti alla severitá, e un giorno dopo alla seconda, corrispondendo alla maniera tenuta in quella.

E cosí fu esequito, e sotto il 17 settembre scritta dall’imperatore una lettera apologetica, che nel suo originale conteneva ventidue fogli in carta bombasina, la qual Mercurio da Gattinara, cosí aperta, presentò al noncio e gliela lesse, e in sua presenza la sigillò e consegnò, acciò la facesse capitar al papa. Nell’ingresso della lettera mostrò Cesare il modo tenuto dal pontefice esser disconveniente all’ufficio di un vero pastore e non corrispondente alla filial osservanza usata da sé verso la sede apostolica e la Santitá sua, la quale lodava tanto le proprie azioni e condennava con titoli di ambizione e avarizia quelle di lui, che lo costringeva di mostrar la sua innocenza. Ed incominciata la narrazione da quello che passò in tempo di Leone, poi in tempo di Adriano, e finalmente nel

suo pontificato, andò mostrando in tutte le sue azioni aver