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220 l'istoria del concilio di trento


a pregar il papa che si lasciasse in piedi, dando parola e giuramento che per nessun rispetto si sarebbe mai valuto dell’opportunitá di quel luogo. Ma la grandezza della cittá e altri rispetti e pericoli consegliarono il duca, non tentata Roma, di attendere ad altre imprese minori.

Diede molta materia a ragionamenti che in quest’anno Carlo imperatore si partí di Fiandra e passò in Spagna per ridursi a vita privata in luoco solitario: onde si faceva parallelo d’un principe versato nella fanciullezza nei maggior negozi e imprese del mondo, che quinquagenario avesse risoluto di abbandonar il secolo e attender solo a servir Dio, mutato di potentissimo prencipe in umilissimo religioso, con uno che altre volte avea abbandonata la cura episcopale per ritirarsi in monastero, e ora, ottuagenario, fatto papa, si fosse tutto abbandonato alle pompe, alla superbia, e avesse concetto di far ardere tutta Europa di guerra.

Nel principio del 1557 il duca di Guisa passò con le armi in Italia a favore del pontefice. Il qual, per servar la promessa del nepote al re di Francia, fece una promozione di dieci cardinali; la quale non corrispondendo né quanto al numero né per la qualitá dei soggetti alla intenzione data e al fine concertato, fece sua scusa con dire d’esser cosí strettamente congionto con Sua Maestá che li dipendenti suoi non cedevano alli propri francesi nella servitú del re, e doveva tener per certo che erano tutti per lui; quanto al numero, che per allora non poteva promoverne di piú, poiché il numero era eccessivo, arrivando a settanta; ma presto quel numero sarebbe diminuito col mancamento di alquanti rebelli, e supplito di persone dabbene: il che egli diceva per quelli che giá erano in Castello, e per altri, contra quali aveva disegno, cosí per cause di stato come per cause di religione. Imperocché egli non era cosí attento alla guerra che abbandonasse il negozio dell’inquisizione, quale diceva esser il principal nervo e arcano del pontificato. Ebbe alcuni indici contra il Cardinal Morone, che in Germania avesse qualche intelligenza, e lo fece pregione in Castello; e deputò quattro cardinali ad esa-